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la valigia

E anche quest’anno, come ogni anno, è giunto uno dei momenti più temuti da ogni donna e madre: preparare la valigia per le vacanze.
La valigia ha subito negli anni mutazioni e cambiamenti, adattandosi alle esigenze del momento.
E se da single riuscivo a limitarmi ad un trolley, in coppia, e con un figlio l’impresa si fa sempre più ardua.
Mettiamoci pure che invecchiando si diventa più freddolosi è più ansiosi, la prevedibile conclusione è uno stuolo di valigie, borsine e borsoni da far impallidire Lady Grantham e tutta Downtown Abbey.
La valigia di una donna è per antonomasia costituita al 90% dal “non si sa mai”, rendendo plastica la filosofia genovese del “maniman”.
La giacchetta me la porto anche se vado a Dubai, che maniman la sera rinfresca.
(Precauzione che prendo sempre, anche in questi giorni di afa genovese: la rebecchina del maniman è uno dei must da avere sempre in borsa).
Le infradito di strass le porto anche in Trentino che maniman una volta organizzano la serata danzante in albergo e non ho niente da mettermi.
E così via in un crescendo di oggetti inutili, che coinvolgono ovviamente anche la prole.
Non vuoi portargli quei quindici o sedici cambi in più che maniman si sporca e resta senza magliette?
O il risiko da viaggio che maniman si annoia?
Un tempo era bellissimo viaggiare con l’essenziale, ma in tutta onestà non ne sono mai stata capace.
Persino in inter-rail a vent’anni sono riuscita a trascinarmi per mezza europa uno zaino di 40kg, stipato di inutilità.
Anche se proprio in quell’occasione mi è sorto il dubbio di non essere capace di fare le valigie, se la mia compagna di viaggio esibiva uno zainetto leggerissimo, ma è stata in grado di non fare nemmeno una lavatrice in un mese.
Vero che era 20cm più bassa di me e pesava la metà, ma non credo che questo basti a giustificare la leggerezza del suo bagaglio.
Comunque dicevo, la preparazione della valigia a casa nostra richiede giorni.
Giorni in cui in realtà il trolley resta tristemente spalancato in mezzo all’ingresso per una settimana, vuoto, nell’attesa vana di essere riempito in maniera sensata.
Invece rimando, rimando e rimando, per ridurmi al venerdì sera a riempire a casaccio tasche e scomparti fino a farlo scoppiare. A quel punto entra in gioco Davide, a cui chiedo di sedersi sul bagaglio, strizzando vestiti e beauty case, forzando cerniere, ottenendo solo una sottospecie di hamburger pressato da una parte ed esplosivo dall’altro, con lembi di vestitini e mutande che restano fuori come mosce foglie di insalata.
Tu ansimi e sudi e maledici il momento in cui hai deciso di abbandonare l’ufficio e l’aria condizionata per due settimane al mare, che tanto ci vivi al mare, ma chi te lo fa fare?
Finché finalmente la zip cede, e si chiude.
Ed è proprio in quel momento che senti una voce alle tue spalle:
“Amore, l’hai messa dentro la camicia di lino azzurra?”
Come fare a dirgli che non solo non c’è più spazio per uno spillo, ma che in quella valigia non c’è niente di suo?
“Cerrrrrto amore” trilli falsa come giuda.
E butti in un borsone 4 mutande e quattro t-shrit, ringraziando quanto gli uomini siano semplici in questi frangenti.
E tremando al pensiero di dover richiudere quella valigia, colma di roba sporca!
Buone vacanze a tutti e tutte!
(Foto dal web)

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